
Nato nel 1904 all’interno dell’Istituto Botanico di via Panisperna, spostato in via Aldovrandi e inaugurato da Mussolini nel 1923, conservava più di 12.000 pezzi tra oggetti e opere d’arte provenienti dalle colonie italiane: Eritrea, Somalia e Libia.
Fui poi chiuso e riaperto nel periodo 1943-1947. Nel 1995 la collezione fu affidata all’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (ISIAO), infine nel 2011 il polo museale “Luigi Pigorini” acquisiva l’intera collezione.
Attualmente tutti i pezzi, in corso di catalogazione, giacciono all’interno di alcune stanze del palazzo dell’Eur conservati in buste di plastica.
Il direttore del Museo delle Civiltà Filippo Maria Gambari: «Non è un’operazione nostalgica né un museo a tesi ma il tentativo di rispondere alle semplificazioni della politica per far riflettere gli italiani sulla complessità del rapporto tra Italia e Africa e per far ricollegare gli stranieri in Italia alla loro storia […] Ci piaccia o non ci piaccia, l’Italia deve porsi il problema dei rapporti con l’Africa. […] L’obiettivo non è ricreare un museo coloniale che era un museo di propaganda né una collezione di cimeli ma fare qualcosa che non ha eguali raccontando il rapporto fra civiltà e offrendo anche agli immigrati la possibilità di entrare in contatto con la loro cultura».
Dal 2020 aprirà come sede di mostre temporanee e dal 2021 in modo permanente.
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Speriamo che i giovani frequentino il Museo Coloniale per meglio conoscere la nostra storia. Ciao Mirko
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