La lingua italiana degli asmarini

L’Italia che approda in Eritrea nel 1882, appena ventuno anni dopo l’unificazione, è un paese profondamente diviso, un mosaico di tradizioni e culture che si sarebbero amalgamate a fatica nei decenni successivi. Tale divisione si rifletteva inevitabilmente anche nella lingua, data la presenza di numerosissimi dialetti regionali che spesso raggiungevano livelli di incomprensibilità soprattutto tra i parlanti del Nord e del Sud d’Italia.
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Rosina_caffè_eritrea-asmaraSin dall’inizio, nella nuova colonia eritrea le numerose componenti italiane si trovarono a vivere e ad operare fianco a fianco: l’imprenditoria proveniva soprattutto dal Nord mentre la manodopera era composta prevalentemente da meridionali che cercavano in Africa Orientale nuove prospettive di lavoro. Era quindi necessario trovare un codice linguistico comune per operare uniti nella nuova colonia. L’Eritrea avrebbe costituito pertanto uno dei primissimi banchi di prova dove realizzare l’unità linguistica che in Italia si sarebbe affermata soprattutto negli anni ‘60 con l’introduzione della televisione, mantenendo tuttavia forti differenze regionali soprattutto a livello fonetico.
La lingua italiana che si afferma Eritrea nel corso del Novecento si presenta invece come un tutto unico mantenendosi tuttavia diverso dalle lingue parlate nel resto della penisola; suona come una variante regionale eppure non è riconducibile a nessuna delle regioni d’Italia. Possiede tratti tipicamente settentrionali come l’uso della “s” sonora intervocalica, in parole come casa, rosa, cosa, ma il tratto forse maggiormente distintivo in molti parlanti italiani nati in Eritrea, o di eritrei bilingui italiano-tigrino, è l’articolazione dei suoni che tende ad essere gutturale allo stesso modo della lingua parlata in Eritrea, il tigrino.
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AsmaraÈ come se tutti i suoni si spostassero dalla parte anteriore a quella posteriore del palato; l’effetto sull’ascoltatore madrelingua è sorprendente dato che in Italia nessuno parla in questo modo. Tale fenomeno è da ascrivere al substrato linguistico tigrino per i casi di bilinguismo; nel caso invece degli italiani nati e cresciuti in Eritrea – i quali invece non parlano tigrino – si può forse far risalire alle antiche governanti eritree, probabilmente bilingui, con le quali i bambini italiani trascorrevano molto tempo e dalle quali probabilmente hanno imparato a pronunciare i suoni dell’italiano
Questo è il motivo perché gli asmarini non hanno inflessioni dialettali e chi li ascolta riconosce subito una diversità che ne fa un gruppo linguistico particolarmente interessante.
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di © Pasquale Santoro  – Tutti i diritti riservati
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