1935, anno XIII dell’Era Fascista. Mobilitazione generale per la guerra d’Etiopia.
Nel maggio di quell’anno i contingenti della Divisione “Peloritana”, agli ordini del Generale Rodolfo Graziani, erano sbarcati a Mogadiscio, la capitale della Somalia italiana, per comporre quello che sarebbe stato il fronte sud nell’imminente guerra italo-abissina.
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Ecco il racconto del loro comandante, Rodolfo Graziani: “giunsero, infagottati nelle tenute di tela grigio-verde in uso nella Madrepatria, pesanti, tese come sacchi cerati, antiequatoriali al cento per cento, quei magnifici soldati apparivano invero assai antiestetici ed impacciati […] e l’impressione sugli indigeni era stata per questo loro aspetto assai poco favorevole…
Il caldo umido e gli ambienti chiusi contribuivano ad intristire l’aspetto dei nostri fanti […] « Guai a montar le tende!.. .» dicevano intanto i vecchi coloniali somali! « Qui, sotto il sole equatoriale, si muore nella tenda… »
Era necessario spazzare queste pregiudiziali per ridare alle truppe metropolitane il senso della dignità e della fierezza, ed agli indigeni imporre quello del rispetto e della considerazione di esse.
Ordinai – scrive ancora Graziani in “Fronte Sud” – perciò che tutti i reparti uscissero dalla città accampando alla periferia del campo trincerato […] ed in mancanza di tela kaki per sostituire le tenute grigio-verdi assolutamente inadatte, autorizzai i comandanti a lasciare che i soldati vestissero in maglia e mutandine.
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Il sole equatoriale, sotto il quale le truppe lavoravano dalle otto alle dieci ore al giorno, fece in poco tempo il resto. Si videro cioè, in breve, torsi e braccia e gambe divenire bronzei : poi neri levigati.
I fanti, gli artiglieri, i carristi, i genieri della “Peloritana’ ’apparvero come altrettanti Nettuni usciti dall’Oceano Indiano, il giorno 24 maggio 1935, nel quale sfilarono per le vie di Mogadiscio in armi, a torso nudo, sotto gli occhi inebetiti degli indigeni, capi e paria, venuti da ogni più remoto angolo della Somalia per assistere a questo superbo spettacolo di forza, che li impressionò profondamente.
La natura volle concorrere con un violento acquazzone che cadde durante lo sfilamento.
I torsi bronzei, rigati di acqua, parvero allora quelli di altrettante statue delle più belle nostre fontane; e tutti ebbero quel giorno la sensazione netta e precisa che il soldato metropolitano sarebbe stato capace quanto e forse più dell’indigeno a guerreggiare all’Equatore, nella boscaglia somala e lungo i fiumi di essa…”
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di © Alberto Alpozzi – Tutti i diritti riservati
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