La Regia Marina e Assab

Non è qui il caso di ricordare ancora una volta, se non per sommi capi, la storia della baia di Assab e del suo acquisto da parte della società Rubattino il 15 novembre 1869.
L’idea di un insediamento in Africa Orientale non maturò all’improvviso perché, ancora ai tempi del Regno di Sardegna, era stato sollecitato dal missionario ed esploratore Giuseppe Sapeto che ne scrisse al Cavour e l’apertura del canale di Suez a fine 1869, dove cominciò a passare tutto il traffico per l’India e l’Oriente , fece intravedere più concretamente la convenienza di una scelta del genere (1) .

ISCRIVITI AL CANALE TELEGRAM “ITALIA COLONIALE” PER RICEVERE TUTTI GLI AGGIORNAMENTI

Avviso Vedetta -Foto USMM

Come è noto il tutto è nato da un’idea dell’armatore Rubattino, sostenuto da Nino Bixio, che propose la costruzione di una stazione di carbonamento sulla rotta diretta per l’Oriente, la cui istituzione era imminente grazie all’ apertura del canale.
Quando tutto il territorio africano posseduto dall’Italia si limitava alla baia di Assab e Vittorio Emanuele III regnava su pochi indigeni, la presenza italiana si concretizzò essenzialmente nell’attività della Regia Marina.
Le inaffidabili mappe e carte nautiche a disposizione imponevano un sopraluogo diretto e rilievi scientifici così che già nel 1867 fu mandata la prima nave da guerra che stazionò nella zona, la fregata a ruote Ettore Fieramosca al comando del capitano di fregata Bertelli che fu inviata a esplorare le rive del Mar Rosso per stabilire quale luogo fosse più idoneo per un insediamento italiano. Il giudizio sui risultati del viaggio, secondo il comandante dell’unità, non fu positivo perché tutta la costa dancala fu ritenuta inospitale e priva di risorse e i possibili approdi pericolosi.
Questo non scoraggiò il Sapeto né Rubattino né il governo che operava dietro le quinte perché ormai la decisione era stata presa ed Assab divenne italiana in contemporanea con l’apertura del canale: poche settimane dopo, nel febbraio 1870 partì dall’Italia l’avviso Vedetta con il compito di svolgere un’accurata esplorazione della zona: era stata acquistata e il suo acquisto pagato, ma fino ad allora avevano agito solo dei privati cittadini e bisognava rendersi conto, anche se in modo ufficioso, di tutte le connesse problematiche politiche e militari.

Scopri i libri suggeriti dal sito “L’Italia Coloniale”. CLICCA QUI per l’elenco delle nostre pubblicazioni: libri, dossier e riviste

Piroscafo Africa-da www. la maddalena.info

Fu una missione poco nota, probabilmente perché sotto alcuni aspetti non fu proprio brillante.
Durante il viaggio di andata il Vedetta si incagliò il 9 marzo a Shab Marass poco dopo essere entrato nel Mar Rosso e, andati a vuoto per quattro giorni i tentativi di disincaglio, il comandante Francesco Ruggiero decise di abbandonare la nave e far scendere l’equipaggio a terra, ma un’improvvisa burrasca e la miriade di scogli affioranti impedirono lo sbarco, così che fu deciso di ritornare a bordo, ma a causa del mare sempre più mosso una delle scialuppe si rovesciò e annegarono due ufficiali (uno di loro era Ruggero Settimo, omonimo e nipote del celebre politico siciliano) due macchinisti e tre marinai ma, nello stesso tempo, le onde avevano liberato la nave che poté proseguire regolarmente e senza danni la sua missione (anche se poi sull’accaduto fu aperta un’inchiesta che costò la carriera al Ruggiero).
Ufficialmente il viaggio del Vedetta era giustificato dallo scortare il piroscafo carboniero Africa della Rubattino che dopo l’incaglio dovette proseguire da solo e sbarcò ad Assab il suo carico di combustibile – questo in effetti doveva sembrare lo scopo palese dell’occupazione – e al quale si approvvigionò subito il Vedetta come arrivò. L’Africa poi dovette portare altro carbone a Moka nello Yemen, anche questo necessario al Vedetta per le sue esplorazioni delle coste del Mar Rosso e che era stato improvvidamente scelto per quella missione senza tenere conto che aveva una scarsa autonomia e doveva fare frequenti rifornimenti (2).
L’avviso riparti da Assab il 25 aprile riportando in patria Giuseppe Sapeto che nei mesi precedenti aveva condotto le trattative per l’occupazione del territorio.

ISCRIVITI AL CANALE TELEGRAM “ITALIA COLONIALE” PER RICEVERE TUTTI GLI AGGIORNAMENTI

I primi edifici in muratura ad Assab. A sinistra il monumento al Sapeto

Gli italiani se n’erano appena andati che il 29 aprile giunse ad Assab la cannoniera egiziana Kartoum che bombardò le rudimentali installazioni che erano state approntate riaffermando la formale sovranità di quel paese sul territorio. Il fatto però rimase isolato e probabilmente gli egiziani erano stati attenti a che il Vedetta fosse lontano per evitare complicazioni internazionali tanto che il governo del Cairo affermò che l’azione era stata un’iniziativa non autorizzata del governatore di Massaua.
Poi, per anni, vi fu praticamente il nulla anche se Assab, a intervalli frequenti, fu spesso al centro di discussioni parlamentari: fin dal 1871 Bixio ne a aveva chiesto l’occupazione militare, ma il ministro della Marina, competente a prendere le opportune misure, gli rispose che le risorse locali e il prevedibile commercio da sorvegliare e difendere non giustificavano operazioni di questo tipo.
Solo a dicembre 1879 ricomparvero di nuovo navi da guerra italiane: si trattava dell’avviso Esploratore al comando del capitano di fregata Carlo de Amezaga e della goletta Ischia. In realtà avrebbe dovuto essere inviata la corazzata Varese, una nave anziana e la più piccola fra le corazzate in servizio, ma che, per la solita cautela, fu giudicata in qualche modo troppo appariscente per una missione nella quale il governo italiano si teneva ancora in posizione defilata.
Le due navi sbarcarono delle maestranze per ricostruire gli edifici distrutti anni prima dagli egiziani e 17 marinai al comando del tenente di vascello Cesare Martini che costituirono il primo distaccamento militare in Eritrea. Sbarcarono anche i naturalisti Giacomo Doria e Odoardo Beccari, furono scavati pozzi e furono costruiti un pontile rendendo finalmente operativa la stazione navale di Assab.

Scopri i libri suggeriti dal sito “L’Italia Coloniale”. CLICCA QUI per l’elenco delle nostre pubblicazioni: libri, dossier e riviste

Fregata Fieramosca-Foto USMM

In questa occasione, in cui non si erano visti tanti italiani tutti assieme, fu perfino inaugurato uno chaletclub che funzionò come ritrovo per gli ufficiali. Doveva essere una costruzione estremamente rudimentale, ma che dimostrava idealmente l’intenzione di stabilire una presenza in Dancalia assai più concreta e assidua di prima.
L’Ischia fu inoltre la prima nave da guerra italiana a penetrare nel golfo di Tagiura e ad effettuarvi rilevazioni.
Nel 1881 si verificò un fatto imprevisto perché la Spagna manifestò l’intenzione di stabilirsi nella nostra zona di influenza o nel golfo di Tagiura, ritenendo utile avere un punto di appoggio per le sue navi che facevano rotta per le lontane Filippine e le isole Caroline che all’epoca erano ancora sue colonie.
La presenza più o meno definitiva dell’Italia nello scalo migliore (o, sarebbe forse meglio dire, meno cattivo) della costa dancala e l’opposizione dell’imperatore etiopico sempre più diffidente della presenza straniera impedirono la realizzazione del progetto, ma certo questo contribuì ad accelerare la decisione circa il definitivo assetto del territorio che il 10 marzo 1882 divenne ufficialmente possedimento italiano.
Le navi italiane comparvero ad Assab sempre più spesso e fra il 1880 e il 1882 toccò alle cannoniere Scilla e Cariddi incaricate come le unità che le avevano precedute degli usuali, complessi e interminabili rilievi idrografici nel mar Rosso, per mostrar bandiera e per reprimere l’intenso commercio di schiavi fra le due rive del Mar Rosso.
Si trattò sempre di navi di modeste dimensioni e di poco valore bellico, ma bisogna notare che le marine egiziana e turca avevano una consistenza risibile; è vero che nel Mar Rosso incrociavano anche inglesi e francesi che non vedevano di buon occhio la nostra nuova colonia, ma eventuali screzi con queste potenze potevano comporsi in via diplomatica e non certo a cannonate.
In questo continuo alternarsi di unità particolare rilievo ebbe l’ormai vecchia fregata a ruote Fieramosca, una vera veterana della zona.
Nell’aprile 1881, inviata a sostituire l’avviso Esploratore, sbarcò una frazione del suo equipaggio, in tutto dieci marinai al comando del sottotenente di vascello Giuseppe Biglieri, per fornire una scorta militare alla spedizione Giulietti incaricata esplorare la Dancalia e trovare vie di comunicazione fra Assab, l’interno Eritrea e dell’Abissinia, ma il mese successivo l’intera spedizione fu massacrata a Beilul, località a una cinquantina di chilometri a nord di Assab e non lontana dalla costa (3).
Come giunse la notizia dell’eccidio il Fieramosca fece scendere una compagnia da sbarco ma si rinunciò a rappresaglie limitandosi a chiedere un’indagine da parte del governo egiziano che nominò una commissione di inchiesta che non approdò a nulla e poi, dietro insistenza dell’Italia, una seconda commissione che fece arrestare lo sceicco di Beilul, suo figlio e due altri dancali che furono portati al Cairo e processati, ma vennero assolti dopo che gettarono la responsabilità su persone che erano morte nel frattempo (4).
Beilul tornò alla ribalta della cronaca una seconda volta e anche in questo caso fu protagonista la Regia Marina: il 25 gennaio 1885 si presentarono nelle sue acque la corazzata Castelfidardo scortata dagli avvisi Messaggiere e Vedetta al comando del Capitano di Vascello Gioacchino Trucco; la sua compagnia da sbarco occupò il villaggio senza resistenza che divenne così dopo Assab il secondo possedimento africano del Regno d’Italia.
Poi, nel volgere di poche settimane, l’attenzione si spostò sull’occupazione di Massaua. In questo porto la Regia Marina approntò subito un arsenale abbastanza fornito e una base navale e abbandonò Assab che in seguito fu visitata solo in modo occasionale dalle navi militari.
Rimasero sul posto solo pochi uomini appartenenti al Corpo delle Capitanerie di porto addetti al Circondario Marittimo.
A partire dal conflitto con l’Etiopia e fino al 1941 fu costituito un Comando Marina di Assab, le cui competenze tuttavia si limitarono a compiti di controllo generico delle acque circostanti e di supporto alle navi da guerra di passaggio.
Probabilmente se fossero state realizzate le strutture portuali previste e ci fosse stato tempo per sviluppare economicamente l’Africa Orientale il ruolo della città sarebbe cambiato ma, nonostante settant’anni di presenza italiana, sostanzialmente non si andò molto oltre quello che fu scritto in un Bollettino della Società Geografica Italiana del 1885: … Assab è quello che è; e pretendere da esso più che un ufficio modestissimo di stazione navale e di fattoria è lo stesso che volersi esporre a gravi quanto inutili sacrifizi e a disillusioni dolorosissime.

di Guglielmo Evangelista

Scopri tutte le menzogne raccontate per decenni sulla storia coloniale italiana leggendo il libro “Bugie Coloniali – Leggende, fantasie e fake news sul colonialismo italiano” di Alberto Alpozzi, Eclettica Edizioni. ACQUISTALO ORA a Euro 16,00+sp inviando una mail a ilfarodimussolini@libero.it. Potrai pagare con Paypal, Postepay o bonifico. (No contrassegno)

Nel centro storico di Assab l’urbanizzazione moderna non ha seguito il piano regolatore di fine anni ‘30. L’area libera con la traccia di una rotonda che si intravede nella foto di sinistra dovrebbe corrispondere a quella che doveva essere la piazza principale della città. Dove si vede un’area verde sorgevano i primitivi edifici, scomparsi già all’epoca di redazione del piano. (Da Google maps e foto T.C.I.)

NOTE

  1. Indipendentemente dai primi progetti relativi al canale, risalenti ai tempi dei faraoni, l’istmo di Suez fu sempre utilizzato come comunicazione fra il Mar Rosso e il Mediterraneo ed era regolarmente percorso da carovane, ma con tempi molto lunghi e con minima potenzialità.
  2. Nonostante questa esperienza nel 1872 il Vedetta fu scelto per una missione in Estremo Oriente durante la quale fu costretto a navigare quasi sempre a rimorchio o a vela.
  3. Oltre all’ufficiale persero la vita il sottocapo cannoniere Nunzio Giardini, i cannonieri Vincenzo Riccio, Giacomo Todaro, Vincenzo Muro, Nicola Buono, Francesco Milazzo, Bartolomeo Stagnaro, Ignazio Catanzaro e i marinai Giuseppe Zuccone e Giuseppe Garazzino. Con loro furono trucidati anche alcuni civili.
  4. Non fu possibile appurare con precisione le ragioni dell’accaduto anche se alla base di tutto sembra ci sia stata la poca diplomazia degli italiani e l’aver sottovalutato l’ostilità degli indigeni . Solo nel 1929 la spedizione di Raimondo Franchetti riuscì ad individuare il luogo di sepoltura dei caduti e a recuperare pochi resti che furono riportati in Italia.

Vuoi approfondire la storia delle colonie italiane e vorresti un consiglio? Ecco QUI l’elenco delle nostre pubblicazioni: libri, dossier e riviste. Tutti i testi sono a carattere coloniale e utili per conoscere la storia d’Italia in Africa senza i pregiudizi della dittatura del pensiero unico. Ordina i tuoi titoli inviando una mail a ilfarodimussolini@libero.it.

ISCRIVITI AL CANALE TELEGRAM “ITALIA COLONIALE” PER RICEVERE TUTTI GLI AGGIORNAMENTI

ORDINA inviando una mail a ilfarodimussolini@libero.it. Potrai pagare con Paypal, Postepay o bonifico

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.