“Le vie e i motori dell’Impero – La storia dell’automobilismo nelle colonie italiane” di Guglielmo Evangelista

Ma non c’è spazio solo per la nostalgia perché l’autore accompagna il lettore anche nelle vicende dell’automobilismo in quelle regioni nel difficile e talvolta doloroso cammino dal dopoguerra ai giorni nostri.
Il tutto corredato da oltre trecento immagini in massima parte inedite, carte geografiche e tabelle statistiche.
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Il libro verrà pubblicato nel mese di ottobre e il suo costo presuntivo è di 25 euro, comprese le spese di spedizione in Italia.
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Chi è interessato può prenotarsi fin d’ora, senza impegno, rivolgendosi all’autore via mail guglievan@libero.it
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LA PREFAZIONE DELL’AUTORE
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Chissà se qualcuno fra coloro che leggeranno queste pagine ha avuto modo di conoscere il Museo Coloniale di Roma.
Dopo la seconda guerra mondiale prese il nome di Museo Africano in modo da evocare un po’ meno un passato complesso, controverso e, soprattutto, che all’epoca era in liquidazione .
La parabola discendente, dopo molti anni di chiusura, terminò nel 2011 con lo smembramento e il trasferimento altrove delle sue ricche collezioni, vittima della sua funzione di testimone di un passato che oggi si sta sempre più dimenticando non solo per una persistente e pluriennale volontà politica quanto per la superficialità o l’indifferenza che l’Italia ha per la sua storia, antica o recente, brillante od oscura.
Ebbi occasione di visitarlo da ragazzo e fu un vero colpo di fulmine: mi ritrovai in un’atmosfera di anteguerra, in ambienti silenziosi e in penombra – perfettamente mantenuti da anziani ed austeri inservienti di colore, probabilmente vecchi soldati o vecchi impiegati dell’amministrazione coloniale – ingentiliti da piante esotiche, dove una quantità di oggetti, di quadri e di immagini ripercorrevano la storia del passato coloniale italiano.
Ne rimasi affascinato benché la mia famiglia non avesse mai avuto, neppure occasionalmente, alcun rapporto con l’Africa sia per motivi militari che di lavoro; peraltro per un giovanissimo come ero io allora le colonie rappresentavano a quel tempo un argomento di una certa attualità perché la Somalia era appena diventata indipendente e coloro che avevano combattuto in Africa Orientale nel 1935-36 così come i dipendenti degli antichi uffici coloniali, dirottati verso altre amministrazioni, erano ancora persone in piena età lavorativa: dalla loro viva voce o leggendo i giornali si ripresentavano ancora frequentissimi i riferimenti a quei territori dove era rimasto un gran numero di italiani la cui vita operosa si svolgeva all’ombra di governi ancora amici.
Naturalmente buona parte di quanto veniva presentato nel museo oppure, al di fuori di esso, dalla stampa, dai manifesti e dai filmati era tutto di maniera: palmeti lussureggianti, villaggi suggestivi, scene di caccia grossa, elegante vita sociale, indigeni amichevoli e, nelle battaglie, sempre noi che figuravamo come “i buoni” contro “i cattivi”.
A tali condizioni era facile innamorarsi di questo negletto aspetto della nostra storia che, a dispetto di chi afferma il contrario, ebbe molte più luci che ombre (benché anch’esse, purtroppo, non siano mancate).
Naturalmente, crescendo e imparando, mi resi conto che la realtà delle nostre colonie era ben diversa: sacrifici inutili, sole, sabbia, sassi e, nell’ultimo periodo, anche un buon numero di abissini di pessimo umore; in anni ancora più vicini intervenne il dramma degli italiani costretti a lasciare la Libia e il Corno d’Africa. Tuttavia, pur rendendomi conto di come stavano realmente le cose, non mi sono mai pentito del fatto che da allora mi calai in un mondo che ritenevo – e in fondo ritengo ancora istintivamente – ricco di fascino e suggestioni.
Nel corso della mia ormai lunga attività pubblicistica, orientata specialmente verso i mezzi di trasporto, ho già scritto qua e là qualcosa sulle ex colonie italiane e, con questo libro, ho voluto concretizzare e mettere a disposizione gli anni delle mie ricerche e le conoscenze che ho maturato.
L’automobile e l’autotrasporto sono stati un elemento di primo piano per lo sviluppo coloniale in quanto insostituibili per le comunicazioni moderne e la loro presenza, indossata la divisa grigioverde durante le guerre che hanno coinvolto l’Italia in Libia e in Africa Orientale è stata fondamentale, ma allo stesso modo anche le autocorriere, le autovetture di rappresentanza, le piccole automobili che gli italiani cominciavano a potersi permettere hanno segnato altre tappe di una storia minore ma non trascurabile.
E questo senza parlare delle strade, fiore all’occhiello del regime fascista, ispirate da una precisa volontà politica ed enfatizzate dalla propaganda, ma che al di là di ogni altra considerazione sono state realizzazioni eccezionali che in Africa hanno lasciato un segno indelebile.
Nella stesura del testo ho cercato di esaminare i fatti nel modo più imparziale possibile perché parlare dei rapporti fra l’Italia e l’Africa, di ieri e di oggi, è sempre un argomento delicato, criticato o volutamente dimenticato e, in ogni caso, la comprensione fra i due mondi è sempre stata superficiale da entrambe le parti e spesso figlia dei suoi tempi.
Vorrei anche mettere in evidenza che non mi sono soffermato sull’aspetto filologico dei nomi di città e regioni: ho indugiato soprattutto – seguendo le fonti – sulla terminologia italiana, spesso storpiata, ma proprio per questo a noi più familiare.
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