Quando eravamo una grande proletaria

Il più celebre discorso pascoliano nel suo anniversario

GPascoliC’è un altro Pascoli, oltre al poeta “delle piccole cose”, che a noi piacere ricordare e celebrare. E c’è un testo in particolare che fu presentato dal poeta il 26 novembre 1911 al Teatro dei Differenti di Barga (LU): “La Grande Proletaria si è mossa”. Un discorso divenuto subito una colonna di quello spirito nazionalista che pochi anni dopo porterà il nostro Paese ad entrare nella Grande Guerra, completando il processo unitario iniziato cinquant’anni prima. Restavano ormai pochi mesi di vita al “più grande e originale poeta apparso in Italia dopo il Petrarca” (come lo definì d’Annunzio alla sua morte, nell’aprile del 1912), ma nonostante la malattia quel giorno Pascoli trascinò in un impeto di fervente patriottismo un’intera comunità e di riflesso migliaia di italiani che lessero le sue parole su tutti i giornali. Era scoppiata da circa due mesi la guerra italo-turca per la conquista della Libia, e il Pascoli volle far sentire apertamente la sua voce a favore della campagna africana, che per lui assumeva il senso di un riscatto nazionale fortemente voluto dopo le brucianti sconfitte di fine Ottocento (Dogali, Adua), ma soprattutto un motivo di redenzione per i numerosi italiani costretti ad emigrare senza fortuna all’estero, che in Libia avrebbero invece trovato terreno fertile per civilizzare e colonizzare un immenso territorio nel nome della Patria.
“Là i lavoratori saranno, non l’opre, mal pagate mal pregiate mal nomate, degli stranieri, ma, nel senso più alto e forte delle parole, agricoltori sul suo, sul terreno della patria; non dovranno, il nome della patria, a forza, abiurarlo, ma apriranno vie, colteranno terre, deriveranno acque, costruiranno case, faranno porti, sempre vedendo in alto agitato dall’immenso palpito del mare nostro il nostro tricolore.”1
La_grande_proletariaIl senso di attaccamento filiale alla propria nazione è un punto fondamentale per il poeta romagnolo, che da giovane subì terribilmente i numerosi lutti familiari che segnarono per sempre l’esistenza sua e dell’amata sorella Mariù. L’Italia divenne così la Grande Madre alla quale far riferimento, attorno alla quale stringersi per superare i drammi e i dolori della vita privata, riponendo in Lei la speranza di un futuro migliore, soprattutto per coloro che nulla possiedono e che soltanto chiedono di poter vivere e lavorare dignitosamente.
La “Quarta Sponda” fu quindi un sogno di riscatto sociale per molti italiani, di cui Pascoli si fece portavoce e paladino. “E davvero quel pomeriggio del 26 novembre, chiamando a raccolta le residue forze, il grande poeta costrinse lo spirito a dominare su un fisico ormai in demolizione e nel piccolo Teatro dei Differenti la sua parola risultò così alata, così lirica da non lasciar dubbio che, con quel discorso, Pascoli aveva raggiunto per davvero la meta più alta dell’Anno Sacro, cinquantenario dell’unità politica d’Italia.”2
Ricordo con nostalgia ed orgoglio come nel centenario di quell’evento, il 26 novembre 2011, nell’indifferenza pressoché generale, si tenne nello stesso teatro la rilettura integrale del discorso, a cura dell’attore Umberto Fabi e con l’impeccabile introduzione storica del Prof. Corrado Camizzi, due carissimi amici da poco scomparsi.
A loro il mio grazie per aver degnamente celebrato un centenario che i pochi ma emozionati presenti di quella sera non dimenticheranno.
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di Marco Formato
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NOTE
1 – Giovanni Pascoli, La Grande Proletaria si è mossa. Zanichelli Editore, 1911
2 – Gian Luigi Ruggio, Giovanni Pascoli. Simonelli Editore Srl, 1998, p. 318
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Giovanni Pascoli

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