Il Kenya pretende che il confine sia la prosecuzione verso est del parallelo partente dal confine terrestre dandogli maggior territorio marino, mentre la Somalia, secondo i principi dell’UNCLOS (Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare), ritiene che esso debba essere una linea di equidistanza perpendicolare alla costa e corretta, nel caso di circostanze rilevanti, in modo da raggiungere un equo risultato.

Il segretario agli affari esteri keniota Macharia Kamau ha dichiarato sabato che il richiamo è una conseguenza “della decisione del governo della Somalia di mettere all’asta blocchi di petrolio e gas nell’area territoriale marittima del Kenya che confina con la Somalia”.
Il ministero degli Esteri della Somalia ha respinto con forza le accuse mosse a Mogadiscio, dicendo che il governo ha semplicemente presentato mappe e indagini sismiche: “La Somalia non offre ora né ha intenzione di offrire in futuro alcun blocco nella zona marittima controversa fino a quando il confine marittimo delle parti non sarà deciso dall’ICJ” ed ha aggiunto che desidera “rassicurare il governo del Kenya che sostiene il suo impegno a non intraprendere alcuna attività unilaterale nell’area controversa fino al momento in cui la Corte Internazionale di Giustizia non emetterà il suo giudizio”.
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Una crisi di non poco conto se si tiene anche conto che Il Kenya ha diverse migliaia di soldati in servizio in Somalia come parte della Missione dell’Unione Africana per combattere i militanti di Al-Shabab e ospita oltre 400.000 rifugiati somali e richiedenti asilo.
L’annosa disputa tra Somalia e Kenya per il possesso di più di 100 mila kmq di acque territoriali prosegue e pare acuirsi in vista di possibili cessioni a società straniere per lo sfruttamento dei giacimenti offshore di petrolio e gas.
Il caso di Mogadiscio contro Nairobi si concentra su un tentativo di ridisegnare il confine marittimo, a vantaggio del Kenya, che interesserebbe almeno 3 dei 20 blocchi petroliferi offshore.

Costo dell’operazione: 48 miliardi di dollari. Al momento l’opera è stata completata al 60% con l’obiettivo di terminarla entro il 2020 e il Kenya ha già assegnato tre blocchi petroliferi all’italiana Eni.
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di © Alberto Alpozzi – Tutti i diritti riservati
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Molto interessante, personalmente non ho e non voglio face book, vi scriverò. Grazie Miro Crimella
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