“SUEZ – Il Canale, l’Egitto e l’Italia – Da Venezia a Cavour, da Mussolini a Mattei”. Il nuovo libro di Marco Valle, Historica
Nel 2019 il canale di Suez festeggerà i suoi primi 150 anni. Un secolo e mezzo di studi, progetti, lavoro, traffici ma anche di intrighi, complotti, speculazioni, guerre e rivoluzioni.
La grande opera, passaggio strategico dell’economia mondiale e nodo geopolitico, fu al “tempo dell’imperialismo” sigillo e garanzia del potere anglo-francese sul Levante e sul Mediterraneo.
Per l’Egitto, espropriato e umiliato, il canale divenne il simbolo del proprio riscatto, una lunga battaglia vinta da Nasser nel 1956 e consolidata dai suoi successori.
Per l’Italia, “minore tra le potenze maggiori”, l’idrovia fu cruccio, ambizione, obiettivo e infine, grazie a Enrico Mattei, occasione di incontro. Suez, quindi, come cartina tornasole per interpretare il “great game” mediterraneo, capire l’Egitto di ieri e di oggi, comprendere slanci, velleità e potenzialità del “sistema Italia”.
Dall’introduzione del libro. Suez, una lunga storia. Anche italiana
Nel 2019 il Canale di Suez festeggerà i suoi primi centocinquant’anni d’attività. Una data tonda e un traguardo importante per questa via d’acqua che unisce il Mediterraneo al Mar Rosso, avvicina l’Europa all’Oriente, all’Oceania, al Pacifico.
Suez è un’arteria centrale del sistema-mondo, un fulcro di un fascio di rotte commerciali e di flussi di traffico, un passaggio strategico per le economie del Mediterraneo e dell’Europa, un choke point fondamentale per l’Italia e i suoi porti. Il Canale è importante per tutti. Terribilmente importante per l’Egitto.
Appunto, l’Egitto. Per questa “nazione-ponte” tra culture e continenti, tra commerci e civiltà, l’idrovia rappresenta una formidabile risorsa economica, una sfida geopolitica, un simbolo d’indipendenza. Suez è il volano dell’economia e il sigillo della stabilità. Forziere, cruccio, orgoglio.
Ma gli scenari cambiano. Allo scoccare del Terzo millennio, la più grande infrastruttura del xix secolo e principale arteria commerciale del Novecento stava invecchiando. Più grandi le navi, troppo lunghi i tempi di attesa, tante le strozzature. La globalizzazione non è paziente. Come ricordano i film di Hollywood “i soldi non dormono mai” e tanto meno gli armatori: i bastimenti iniziavano a scegliere altre rotte. Più lunghe ma convenienti.
Nel 2014, dopo la confusa stagione della cosiddetta “primavera araba” – conclusasi con la duplice defenestrazione del vecchio Mubarak e del fondamentalista Morsi – il generale al-Fattah al-Sisi, il nuovo ferrigno presidente, ha deciso di affrontare il problema. In modo radicale e soldatesco. Come nel 1956 Nasser, altro militare, al-Sisi si è appellato al suo popolo e ha chiesto fiducia e (tanti, tantissimi) soldi per raddoppiare la capacità del Canale e trasformarlo in una vera e propria autostrada del mare.
Una scommessa riuscita. Dopo un anno di lavori l’opera è stata inaugurata il 6 agosto 2015. Accanto al percorso storico – immaginato nell’Ottocento dai sansimoniani, progettato da Luigi Negrelli con il prezioso appoggio di Pietro Paleocapa, e realizzato da Ferdinand de Lesseps – è stato scavato un nuovo canale parallelo, lungo 35 chilometri, e allargato e approfondito quello già esistente.
Uno sforzo imponente che anticipa il futuro ma, al tempo stesso, ricorda la centralità del Mediterraneo – il “continente liquido”, riprendendo la bella definizione forgiata da Ferdinand Braudel – e la complessità delle sue affascinanti connessioni con la grande politica mondiale.