“Devi scegliere la via di tuo padre, altrimenti diranno che hai tradito per quel tanto di sangue nero che hai nelle vene”; così l’imprenditore e attivista italo-eritreo Guido De Rossi, in un passaggio del suo ultimo articolo (mai pubblicato) sulla questione relativa al futuro degli italiani nel Corno d’Africa dopo la II Guerra Mondiale.
Costretto dal regime di Hailé Selassié a scegliere tra la cittadinanza italiana e quella etiope, De Rossi si sarebbe ucciso nel marzo del 1953.

La tragedia di questo connazionale non fu purtroppo un caso isolato. Primo lembo d’Africa a venire
colonizzato dal nostro Paese (a partire dal 1869),
l’Eritrea ospitava infatti la più grande comunità italiana del Continente Nero, con circa quindicimila individui al momento dell’occupazione britannica (secondo la British Administration). Anche allo scopo di tutelare i diritti di questi “figli d’oltremare”, i governi repubblicani appoggiarono in sede internazionale la causa indipendentista eritrea (avversata da Londra) e cercarono di ottenere l’amministrazione fiduciaria dell’ex colonia, fallendo però entrambi gli obiettivi. A quel punto, nuove ombre si addensarono sul destino degli italo-eritrei;
le autorità etiopi avevano infatti deciso di naturalizzare automaticamente tutti gli stranieri (secondo un processo di
africanizzazione forzata tipico della fase post-coloniale) che avessero almeno un genitore o un nonno eritrei, mentre il meticcio in possesso di un’altra cittadinanza, come il De Rossi, avrebbe avuto soltanto sei mesi di tempo per scegliere tra quella originaria e quella etiope.
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Nella prima ipotesi era tuttavia concreto il rischio di perdere i propri diritti civili e politici, anche perché Londra, ufficialmente per non creare malumori tra gli autoctoni ma in realtà per indebolire la causa indipendentista eritrea (sostenuta dalla comunità italiana, che era anche la parte più avanzata ed influente dell’area), premeva per l’esclusione dei tremila italo-eritrei di cittadinanza italiana (riconosciuti dal padre) dalle liste elettorali.
Dopo un lungo braccio di ferro all’ONU, l’Italia riuscì a prevalere*, anche grazie all’aiuto del commissario delle Nazioni Unite Eduardo Anze Matienzo. L’episodio resta in ogni caso emblematico dell’ostilità e dello scarso senso democratico di un Paese, la Gran Bretagna, a quel tempo ufficialmente “amico” ma che non avrebbe esitato a condannare migliaia di italiani ad una discriminazione paragonabile all’apartheid sudafricana.
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di © Davide Simone – Tutti i diritti riservati
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*su tremila meticci con cittadinanza italiana, duemila avrebbero mantenuto quella originaria
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