Corpi non più corpi, corpi sfigurati, corpi maciullati, corpi puzzle, da rimettere insieme, da ricomporre. Dopo ogni tremendo attentato dei terroristi i pezzi dei feriti vengono portati a lui. E lui è lì, da più di venti anni.

È tornato in Somalia durante la guerra civile, lasciando un posto sicuro che aveva in un ospedale del Sudafrica. Da allora, lavora e vive nell’ospedale Madina.
È forse l’unico chirurgo che ha passato più ore in una sala operatoria, talvolta anche 48 ore, ricevendo in continuazione feriti. Ha avuto in sala corpi dilaniati, spappolati, bruciati e sfigurati. Corpi di uomini, donne, bambini, giovani e anziani. Corpi di miliziani, di assassini, di terroristi e di poveri innocenti.
Ha amputato arti distrutti, ricomposto ossa frantumate di tutti senza chiedere chi fossero o a chi appartenessero quei corpi.
Anche lui è finito nella sua sala operatoria quando i miliziani di un signore della guerra gli spararono a bruciapelo.
Una volta guarito, ha ripreso il suo lavoro e continua tuttora a curare corpi dilaniati dalle bombe dei terroristi. Non ha chiesto nomine, non si mostra mai in pubblico, non chiede mai soldi per sè. Chiede solo aiuti per il suo ospedale.

Il dottor Mohamed Yusuf ne ha operati tantissimi, forse come nessun altro al mondo. Forse per questo è stato proposto per la candidatura al premio Nobel per la pace.
Mohamed Yusuf Hassan è laureato in medicina e chirurgia toracica, all’Università di Roma,
110 e lode, ai tempi.
Sono una decina i medici che hanno perso la vita a Mogadiscio in agguati mirati.
di © Abdullahi Elmi Shuri – Tutti i diritti riservati