Tra le condizioni poste dal’ONU all’Italia per la concessione dell’Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia (“A.F.I.S.”), particolare risalto fu dato all’implementazione e alla modernizzazione del carente e obsoleto sistema scolastico dell’ex colonia d’oltremare.

I nostri governi stanziarono inoltre, tra il 1952 e il 1960, un programma di borse di studio che permise a 531 studenti e maestri somali di ottenere una formazione universitaria e l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole italiane.
Benché onerosi per le casse dello Stato, gli sforzi a vantaggio del sistema scolastico del vecchio possedimento africano non solo andavano parzialmente a “risarcire” gli indigeni per l’occupazione coloniale, ma rispondevano anche all’esigenza, vitale, di favorire la nascita di un’élite bendisposta verso l’Italia come verso l’Occidente (a quel tempo, il Corno d’Africa rientrava negli interessi di Mosca); le sinistre, tuttavia, si opposero al programma, motivando il loro no agli aiuti sulla base degli elevati costi dell’operazione.

Ancor più radicali e identitarie le posizioni del suo collega di partito Fausto Gullo, contrario all’impegno che obbligava il nostro governo “ad avviare i giovani somali verso le grandi università d’Europa, noi che abbiamo nella nostra terra la vergogna del 50% di analfabeti”.
Se da un’ottica anti-imperialista i contributi al sistema scolastico somalo avrebbero potuto rivestire una valenza risarcitoria per il nostro passato coloniale, è tuttavia interessante notare come le sinistre rifiutarono quella che, di fatto, era una misura per l’elevazione e l’emancipazione di popolazioni arretrate e considerate sfruttate dall’Occidente e dall’uomo bianco.
di © Davide Simone – Tutti i diritti riservati