Il 5 e il 6 marzo 1939 vennero stabiliti i record per il collegamento aereo Roma-Addis Abeba
Era l’inizio del 1939 quando il quotidiano milanese “Il Popolo d’Italia” mise in palio una targa per il miglior tempo per la rotta aerea che avrebbe collegato la capitale del Regno d’Italia, Roma, con la capitale del nuovo Impero italiano, Addis Abeba. L’iniziativa oltre a voler celebrare il collegamento tra tra le due capitali aveva lo scopo di studiare una nuova linea aerea civile per collegare il Regno con l’Africa Orientale Italiana.
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Diversi equipaggi raccolsero l’invito alla competizione. Il primo equipaggio, Leonardo Bonzi e Giovanni Zappetta, decollò da Guidonia il 5 marzo 1939 con un monoplano da turismo Piaggio-Nardi FN 305 espressamente studiato per voli a grande autonomia.
La nuova versione, FN 305D denominato I-UEBI, aveva la fusoliera riprogettata e allungata per alloggiare il carburante supplementare e i posti di pilotaggio arretrati per far posto ai serbatoi aggiuntivi. Con motore Walter Boran da 180 CV coprì il percorso di 4.500 km. in 18 ore e 49 minuti con una media oraria di 240 km/h, stabilendo il record di distanza per aerei leggeri biposto di categoria I, vincendo la corsa “Nastro Azzurro”.
Il secondo volo fu appoggiato dal “Popolo d’Italia” e da “La Stampa”. Venne compiuto tra il 6 e il 7 marzo dall’equipaggio composto dal capitano Giuseppe Mazzotti e dal secondo pilota tenente Ettore Valenti, dal maresciallo radiotelegrafista Silvio Pinna e dal motorista della Fiat Guerrino Guerrini. Come comandante dell’equipaggio figurava Maner Lualdi.
L’aereo scelto per la trasvolata fu il bombardiere della Regia Aeronautica Fiat BR 20 a cui erano astate asportate le apparecchiature belliche e sostituite con serbatoi supplementari.
Denominato BR 20L era dotato di due motori radiali Fiat A80 da 1.000 CV ciascuno che gli permisero di raggiungere la velocità di 475 km/h.
Dopo diversi voli di collaudo fu immatricolato I-FIAT e dedicato al Santo di Assisi “Santo Francesco”.
Alle ore 22.25 del 6 marzo 1939 decollò dall’aeroporto di Guidonia.
Ecco come lo stesso Peppo Mazzotti raccontò al giornalista Santi Corvaja de il “Giornale di Sicilia” del 25 luglio 1979 l’impresa:
“La scelta del velivolo cadde sul magnifico bimotore allora già ai reparti dell’ Aeronautica: il “BR 20” vero purosangue della Casa torinese, progettato dall’ing. Celestino Rosatelli, creatore di macchine d’una robustezza proverbiale.
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L’aereo era stato modificato per lo scopo: asportata la torretta della mitragliatrice di prua e tutta l’incastellatura bellica, avevano trovato posto serbatoi più capaci per un’autonomia di 5.000 chilometri.
I due motori Fiat A.SO di complessivi 2.000 HP. consentivano di sollevare in aria un carico di circa 5.000 kg. mentre il peso a vuoto era di 4.500 kg.
Velocità massima 450-475 km/h a 4.000 metri di quota. La strumentazione di bordo era quella in dotazione ai velivoli di serie da bombardamento.
A Guidonia imbarcammo grossi pacchi di giornali, “La Stampa” e “Il Popolo d’Italia”, appositamente stampati con la data del 7 marzo 1939.
Avevamo ottenuto il permesso di attraversare l’Egitto e il Sudan a condizione di seguire la rotta Roma-Cairo-Aswàn-Kartum-Oallabat-Addis Abeba. Però tale “sentiero” ci avrebbe allungato il volo di qualche centinaio di chilometri, mentre la via più breve, per ortodromia, va da Derna a Cufra, al suo traverso dritto, supera Serir Nerastro e quindi entra in Etiopia attraverso le Ambe di Goggiàm.
E fu questa la rotta da noi scelta, in barba agli inglesi che allora comandavano in Egitto. Alle 1.50 del 7 marzo sorvolammo Apollonia (Libia) in perfetto orario sulla tabella di marcia.
Inoltratici sul deserto, la radio cessò di esserci utile per il fenomeno conosciuto come “effetto notte” che allora creava difficoltà alla navigazione aerea.
A Roma sentivano le nostre chiamate, mentre noi non sentivamo loro.
E un momento magico per gli aviatori italiani. Bisogna guadagnare chilometri su chilometri nel buio e nel silenzio più ermetici.
Lualdi si prepara alle fatiche “ufficiali” dell’indomani facendo una dormitina sul lettino, in fusoliera; ma anche Pinna, disoccupato, si concede il pisolino, pur restando seduto al suo sgabello.
Mazzotti guarda la carta di navigazione e le stelle, la bussola e l’altimetro, Valenti saldamente attaccato al volantino, Guerrini ha solo un occhio chiuso ma le orecchie aperte sul suono dei motori.
Soffia un forte ghibli (vento caldo da sud) che rallenta la velocità del “BR 20”. Ciò costringe i piloti a salire di quota per preservare dalla sabbia impalpabile i motori privi di filtri. Alle 5.25 l’aereo è al traverso di Wadi-Halfa la cui stazione radio, come d’accordo, continua a fornire i suoi rilevamenti.
All’alba si sveglia Lualdi e Guerrini distribuisce del cognac per festeggiare il Nilo. L’aereo si mette su rotta bussola 176. Cominciano le prime chiamate e i primi messaggi augurali che mandano su tutte le furie l’attento Pinna.
Anche quando giunge il saluto del Duca d’Aosta, Viceré d’Etiopia.”
Ad Addis Abeba, dopo 4.575 chilometri e 11 ore e 25 minuti, il successo attendeva i piloti e gli specialisti italiani.
Il volo fruttò all’equipaggio la “targa” messa in palio da “Il Popolo d’Italia” e l’iscrizione dei nomi nel libro d’oro dei primatisti internazionali.
Durante il volo di ritorno gli inglesi fecero pagare all’equipaggio del “BR 20L” lo scotto per la modifica della rotta: giunti al Cairo furono messi agli arresti in un albergo del centro.
Vennero presto rilasciati grazie all’intervento dell’ambasciatore d’Italia Vezzolini e del governatore della Libia, Italo Balbo.
di Alberto Alpozzi
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