Partita la spedizione per recuperare i resti di un sommergibilista italiano ritrovati su un’isola del Mar Rosso

Il regista Ricardo Preve davanti al sepolcro di Carlo AcefaloLa tomba del sommergibilista italiano Carlo Acefalo, vittima del naufragio del sommergibile Macallè avvenuto il 19 giugno 1940 nel Mar Rosso è stata individuata sull’isolotto di Bar Mousa Kebir, a 65 miglia nautiche a sud-est di Port Sudan, nel marzo 2016 dalla troupe del regista italo-argentino, Ricardo Preve. Con il regista del National Geographic, c’erano l’antropologo forense Matteo Borrini e l’archeologo Cosimo Giachetti. Lo scavo è avvenuto seguendo i documenti conservati all’Ufficio storico della Marina militare con la collaborazione dell’ufficio Onor Caduti, la Banca Dati del Ministero della Difesa per la ricerca dei Caduti e Dispersi in Guerra, oltre che dell’ambasciatore italiano a Karthoum, Fabrizio Lobasso.
Dopo anni di trattative diplomatiche con le autorità sudanesi e di contatti con il Ministero della Difesa la missione per tentare l’operazione “Tornando a casa”, titolo anche del documentario in lavorazione, è partita il 1° ottobre dall’aeroporto di Malpensa.
Ora il ritorno a casa del marinaio, caduto a 24 anni in una delle prime missioni di guerra della flotta italiana, è nelle mani di Ricardo Preve, che ha scoperto nei suoi precedenti viaggi anche il relitto del sommergibile Macallè, sul quale Acefalo era imbarcato.
Preve raggiungerà Porto Sudan e a bordo della nave oceanografica italiana Don Questo si avvicinerà all’isolotto Bar Mousa Kebir. Ora, dopo le missioni precedenti, è necessario identificare le ossa del marinaio, anche attraverso la piastrina militare e per poi consegnarle alle autorità sudanesi, che sono già in contatto con la diplomazia italiana per le pratiche del rientro.
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Borrini è certo che si tratti del sommergibilista: i resti sono di un maschio europeo tra i 20 e 30 anni ma a causa delle condizioni ambientali in cui sono rimasti per 77 anni non sarà possibile, secondo l’antropologo, un accertamento genetico. I resti per ora sono stati messi in una cassa coperta dalla bandiera della Marina Militare Italiana donata dall’Associazione Nazionale Marinai d’Italia e presto verranno affidati alla Don Questo.
Carlo AcefaloLa storia del sommergibile Macallè, era stata rievocata nel 1983 da Enzo Tortora nella sua trasmissione “Portobello”, quando invitò i superstiti dell’equipaggio per raccontare la vicenda.
Quando scoppiò la guerra il sommergibile partì dal porto di Massaua, al comando del tenente di vascello Dante Morone, per la sua prima missione di guerra verso Port Sudan, per attaccare la flotta inglese. La missione però fallisce: una fuga di metilene dai tubi di aerazione del sommergibile, fece come impazzire molti membri dell’equipaggio. Il comandante perse il controllo del Macallè, che si spezzò sulla barriera corallina. I membri dell’equipaggio, tra cui Acefalo, il più grave, furono intossicati e quindi sbarcati sull’isolotto mentre il battello naufragava. Tre marinai, remando per tre giorni e tre notti su un canotto, riuscirono a raggiungere Massaua, per richiedere soccorsi.
Quando il sommergibile Guglielmotti, inviato in soccorso, raggiunse gli scogli di Bar Mousa Kebir Acefalo era già morto il 17 giugno. Ai suoi compagni non restò che seppellirlo.
Nel 1956 una lettera dal Sudan, scritta in inglese, ricordò sotto quelle sabbie c’era ancora il corpo di un soldato italiano, nel 1961 un prete aveva lanciato un appello inascoltato.
Ci è voluta la troupe di Preve per onorare i resti del giovane marinaio italiano.
Ora a Castiglione Falletto, un piccolo comune piemontese vicino a Mondovì, dopo 77 anni, aspettano che quel ragazzo torni a casa.
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di © Alberto Alpozzi  – Tutti i diritti riservati
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