
La visita di Mussolini durò fino al 21 marzo. Visitò città, villaggi e concessioni agricole, passò in rivista formazioni militari, metropolitane e indigene. Sostò nelle Case del Fascio, nelle scuole, si era interessò delle condizioni di vita dei coloni e delle aspirazioni dei locali
Al nuovo villaggio Luigi Razza, nelle vicinanze di Cirene, venne accolto da 627 emigrati abruzzesi e calabresi, ottanta famiglie in tutto. Proseguendo lungo la litoranea, inaugurò l’Arco dei Fileni, dedicato ai due fratelli cartaginesi, i Fileni appunto, che parteciparono ad una corsa contro gli avversari della città di Cirene, secondo la leggenda raccontata da Sallustio nel Bellum Iugurthinum.
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Passò la notte in tenda. All’alba, alle 5.30 alzabandiera, poi in auto all’aerodromo «Arae Philaenorum», da dove fece rotta su Sirte. Seguirono Tauorga, Misurata, Tripoli. Alle mura della città fece il suo ingresso a cavallo alla testa di 2.600 cavalieri.

Il 18 marzo giungeva a cavallo all’oasi di Bùgara, dove lo attendevano 2.000 cavalieri arabi che lo accolsero al triplice grido di guerra «Uled!». Qui Mussolini ricevette la Spada dell’Islam, in qualità di Protettore dell’Islam, حامي الإسلام Hāmī al-Islām, dalle mani del capo berbero Jusuf Kerbisch accompagnato da Kalifa Ez-Zaui, grandi sostenitori dell’alleanza con gli italiani.
Porgendogli la spada d’oro gli rivolse queste parole: «Vibrano accanto ai nostri animi in questo momento quelli dei musulmani di tutte le sponde del Mediterraneo che, pieni di ammirazione e di speranza, vedono in te il grande uomo di Stato, che guida con mano ferma il nostro destino».
Mussolini rispose rivolgendosi all’Islam: «Le popolazioni musulmane sanno che, col tricolore italiano, avranno pace e benessere e che le loro usanze e, soprattutto, le loro religiose credenze saranno scrupolosamente rispettate».
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Rientrato a Tripoli, sempre seguito da Italo Balbo, in piazza Castello tenne il suo discorso: «Musulmani di Tripoli e della Libia! Giovani Arabi del Littorio! Il mio Augusto e Potente Sovrano, Sua Maestà Vittorio Emanuele III, Re d’Italia e Imperatore d’Etiopia, mi ha mandato, dopo undici anni, ancora una volta su questa terra dove sventola il tricolore per conoscere le vostre necessità e venire incontro ai vostri legittimi desideri […] Voi mi avete offerto il più gradito dei doni: questa spada, simbolo della forza e della giustizia, spada che porterò e conserverò a Roma fra i ricordi più cari della mia vita […] L’Italia fascista intende assicurare alle popolazioni musulmane della Libia e dell’Etiopia la pace, la giustizia, il benessere, il rispetto alle leggi del Profeta e vuole inoltre dimostrare la sua simpatia all’Islam e ai Musulmani del mondo intero».
L’anno successivo venne inaugurato in quella piazza in onore di Mussolini un monumento equestre, opera dello scultore Quirino Ruggeri, sul cui basamento venne incisa la scritta: «A Benito Mussolini pacificatore delle genti redentore della terra di Libia le popolazioni memori e fiere dove fiammeggiò la spada dell’Islam consacrano nel segno del Littorio una fedeltà che sfida il destino».
Nel 1939, il Governatore Balbo fece ottenere la cittadinanza speciale italiana a tutti i libici islamici della costa.
La Spada dell’Islam, finemente cesellata era stata prodotta dalla ditta Picchiani e Barlacchi di Firenze. Oggi andata perduta, dichiarò Rachele Mussolini, la moglie del Duce «Era conservata in una teca di vetro alla Rocca delle Caminate. Fu rubata nel 1943, quando la Rocca venne devastata dagli antifascisti… Ci portarono via tutto, perfino la culla di Romano».
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di Alberto Alpozzi – © Tutti i diritti riservati
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MOLTO BENE! Finalmente si può incominciare a raccontare la verità sul colonialismo italiano in epoca fascista !
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si perchè non si parla bene del colonialismo perchè per anni certa stampa e certi partiti hanno sempre parlato male e si sentiva una sola campana.
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